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venerdì 28 aprile 2023

IL POETA ANTONIO FRANCESCO PEROZZI SI RACCONTA

 


Alessandro Grillo del Laboratorio di Poesia intervista Antonio Francesco Perozzi, giovane poeta, protagonista, lo scorso 17 aprile, del terzo incontro della rassegna promossa dalla nostra scuola, “4 incontri tra oralità e scrittura ~ esempi di giovane poesia contemporanea”.

 

D: Quali sono i tuoi idoli a da chi prendi ispirazione in particolare?

R: Poeti immagino, o in generale?

D: In generale…

R: La parola idolo non mi piace tanto, perché mette in una posizione di venerazione, a me interessa più la parola ‘ammirazione’, è meglio! Però è una domanda giusta: al livello di poesia ti posso dire sicuramente Edoardo Sanguineti… è un autore che tengo sempre presente, anche perché l’ho studiato all’università; come pure Nanni Balestrini e tutta la stagione sperimentale italiana degli anni 60, e soprattutto i poeti contemporanei di ‘ricerca’, per esempio Marco Giovenale, un autore che ritengo molto importante; poi ci sono classici: Eugenio Montale, ad esempio, è un autore che ho letto e amato tanto. 

Quindi i poeti che mi ‘ispirano’ sono diversi, e sono contento di poter dire che non sono solo autori di poesia, cioè non sono solo poeti in senso stretto, ma anche altri artisti, per esempio qualche musicista come Giovanni Lindo Ferretti è un punto di riferimento anche per i testi, quindi non solo musicalmente; potrei poi citare i Marlene Kuntz, e in generale tutta la musica legata al mondo del punk, in particolare di un genere che si chiama ‘post hardcore’ e che è una sorta di superamento del punk.

D: Passiamo alla seconda domanda: quando avevi la nostra età scrivevi?

R: No. Tu quanti anni hai?

D: 17.

R: Ho iniziato a 17, quindi “pelo pelo”, però ho iniziato scrivendo diari, delle riflessioni che erano solo ed esclusivamente per me. Ho iniziato a scrivere in maniera più decisa negli anni dell’università, in particolare con la narrativa. Quindi vengo dal racconto. Ho iniziato con la poesia a vent’anni, tardi rispetto a molti miei coetanei poeti.

D: La musica che ascolti influisce sul tuo modo di scrivere?

R: Direi di sì, sicuramente anche al livello di forme, di strutture, ma influisce di più al livello di spirito, c’è un’idea di lotta, di antagonismo potremmo dire, che viene dal fatto che sono cresciuto con il punk, che è stata la prima forma d’arte a cui mi sono avvicinato. Suonavo in un gruppo, e ogni tanto lo faccio ancora.

La frattura vera e propria da poeta è venuta nella musica, quindi influisce, assolutamente.

D: Hai altri in famiglia che hanno avuto a che fare con la poesia?

R: No, nessuno. A dire il vero sono cresciuto in una casa con pochi libri; i miei leggono, però non sono particolarmente appassionati. Mio fratello minore non ha molto interesse verso queste cose, è interessato alla psicologia e ad altre cose. L’unico parente con velleità artistiche è un mio zio della Calabria, che da giovane aveva disegnato dei quadri. In realtà in casa mia di arte ce ne è stata pochissima!

D: Invece di fare la classica domanda, come hai iniziato a scrivere, volevo chiederti se prima o poi pensi di smettere.

R: Bella questa domanda. È possibile… non ho l’idea dell’eternità della scrittura in generale, quindi figurati se ce l’ho su di me. La poesia è uno strumento, tra l’altro me ne interessano altri, come dicevo prima, la musica ad esempio. È possibile che un giorno la scrittura non mi dica più niente.

Mi piace molto l’immagine di Arthur Rimbaud che scrive quattro libri tra i più belli della storia della letteratura, e poi improvvisamente chiude definitivamente con la scrittura e va a caccia di elefanti!

D: Credi in Dio, e nel caso, quest’ultimo influisce sul tuo modo di scrivere? 

R: È una bellissima domanda questa… quante ore abbiamo?! Non credo in Dio, però neanche sono ateo. Potrei dirmi ‘agnostico’, ed è una dimensione che non sono riuscito a risolvere, però non sono un agnostico del tipo: “non so rispondere e quindi è un problema”. Però il pensiero di Dio ce l’ho sempre avuto, le mie prime riflessioni erano di tipo religioso. Durante la scuola ho avuto la fortuna di avere molto compagni interessati a tale argomento, e uno di questi è particolarmente credente, ancora oggi. Lo considero la persona più intelligente che conosco. È sempre stato per me la possibilità di un dialogo importante da questo punto di vista. Mi sento abbastanza lontano dalla religione, ma vive in me questa tensione tra esistenza e non esistenza di Dio, e dai miei testi un po’ si capisce.

D: Infatti hai citato diverse volte Dio nelle tue poesie! Grazie mille!

R: Grazie a te!

 

 

Antonio Francesco Perozzi è nato nel 1994 e vive a Vicovaro, in provincia di Roma. È autore della silloge di poesia “Essere e significare” (Oèdipus, 2019, prefazione di Francesco Muzzioli). Suoi racconti, articoli, poesie, lavori visivi e sonori sono apparsi in riviste, giornali e blog, tra cui “Nazione Indiana”, “La Balena Bianca”, “Poetarum Silva”, “Repubblica”. Per la narrativa è autore del romanzo “Il suono della clorofilla” (L’Erudita, 2017). È presente in “Pier Paolo Pasolini 6 domande a giovani poeti”, a cura di Angelo Fàvaro, prefazione di Giulio Ferroni (Aeclanum Delta3 Edizioni, 2022). Ha scritto inoltre la prefazione ad “Antagonist Poems” di Luc Fierens (Luna Bisonte Prods, 2021) e la postfazione a “Taccuino della cura” di Sonia Caporossi (Terra d’Ulivi, 2021). È laureato in lettere

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