Martina Germani Riccardi |
Nella
mattinata di martedì 6 febbraio, presso l’Aula Magna dell’Istituto, abbiamo incontrato la
poetessa Martina Germani Riccardi, in occasione
della rassegna di ‘giovane’ poesia promossa dalla scuola, intitolata “4
Incontri tra oralità e scrittura: esempi di giovane poesia
contemporanea”. Martina ha aperto la rassegna, ormai alla V edizione.
Martina
Germani Riccardi ha studiato Antropologia ed Editoria e Scrittura
all’Università di Roma “La Sapienza”, e scritto due tesi sperimentali: una sul
sistema di accoglienza e integrazione di migranti di Riace (RC), e una sulla
discriminazione di gay e lesbiche in Italia. Sempre in ambito anti-omofobico ha
realizzato, insieme al fotografo Tommaso Proietti, il video “Amocomesono”. Nel
2016 ha pubblicato la sua opera prima di poesia, “Le cose possibili”,
presentata nelle principali città italiane.
Martina Germani Riccardi e Maria Beatrice Seta |
INTERVISTA A MARTINA GERMANI RICCARDI
di Maria Beatrice Seta e Giulia Terzo.
D: Come è nata la tua passione per la poesia?
di Maria Beatrice Seta e Giulia Terzo.
D: Come è nata la tua passione per la poesia?
R: In modo del tutto
spontaneo, ma lentamente. Prima di iniziare a scrivere, non leggevo molta
poesia, lo facevo in modo disordinato. Quando poi ho cominciato ad avere
coscienza di ciò che stavo scrivendo, la lettura degli altri mi è servita per
immaginare delle cose che nella mia quotidianità non riuscivo a immaginare, e
tantomeno a fare.
D: Leggendo alcune
delle tue bellissime poesie, ho notato una sorta di scavo nell’animo: si tratta
di un viaggio interiore, oppure di una ‘psicanalisi’ che tenta di spiegare cose
incomprensibili?
R: La raccolta è
sicuramente un viaggio interiore. Credo che la mia scrittura sia anche una
sorta di terapia, credo abbia un potere curativo. La poesia mi è servita per
capirmi, conoscermi, per affermare il mio modo di essere.
D: A che cosa si è
ispirata la tua poesia?
R: In realtà, non
chiamavo poesia quello che scrivevo, scrivevo e basta. Avevo un’urgenza di
scrivere e di affermare delle cose che magari le persone meno timide, o che
vivono più serene, fanno normalmente in altri modi: io quelle cose non le
facevo, ma avevo bisogno di scriverle.
D: Spesso nella poesia
di tanti autori si fa riferimento al concetto dell’impossibile: perché invece
tu, come si evince dal titolo della tua raccolta, hai scelto di trattare il
“possibile”?
R: Per un lungo
periodo della mia vita ho costruito un muro attorno a me, e questo mi ha
portata a privarmi di numerose possibilità: possibilità emotive, possibilità di
vita. A un certo punto ho deciso di andare oltre quel muro, ho deciso di fare
un primo passo. E ho fatto quel passo, per la prima volta nella mia vita, nel
solo modo in cui andava fatto, cioè parlando del “possibile”, delle “cose
possibili”, appunto.
D: Sappiamo che
l’adolescenza è un periodo molto complicato della vita, perché si cerca di
capire se stessi, e si cerca di capire che cosa fare della propria esistenza,
del proprio futuro. Sotto questo aspetto, ci sono molti ragazzi e molte ragazze
che non riescono a definirsi. Hai mai pensato, grazie alla tua esperienza, di
poter aiutare qualche ragazzo ‘debole’, in cerca di una identità, e che non
riesce ad esprimersi, magari aiutandolo con un ‘corso’?
MGR: Non ci ho mai
pensato. Ma mi fa piacere, ad esempio in occasioni come questa, poter dire,
poter comunicare la mia esperienza. È quello che posso fare, senza essere
falsamente risolutiva. Non esiste che qualcuno ti dica “Fai cosi!”. Bisogna al
massimo incoraggiare a provare sentimenti, a tentare delle strade, e
soprattutto a non reprimersi. Lo dico non solo in riferimento
all’omosessualità, come nel mio caso, ma a qualsiasi caratteristica,
propensione, slancio umano che gli altri potrebbero mettere in discussione.
Ecco, incoraggiare a essere se stessi… questo lo faccio ogni volta che ne ho
possibilità, e magari in futuro potrei farlo in maniera più assidua e
sistematica.
D: Quindi, a quanto
pare, non fai parte di quelle persone convinte che imporre delle regole sia il
modo migliore per poter aiutare un’altra persona…
R: Come ti dicevo
prima, il “Fai così" o “Non fare così”, per me non esistono. Esiste
“Senti”, “Ascoltati”. Più di questo non ti saprei dire.
D: Come dicevi, a un
certo punto hai dovuto metterti ‘a nudo’, rivelare anche la tua parte più
intima, quella legata ai sentimenti, e al tuo orientamento sessuale: i tuoi
genitori ti hanno sostenuto?
R: A loro modo. Mio
padre in silenzio, mia madre preoccupandosi.
D: Oltre ai tuoi
genitori, ci sono state altre persone che hanno provato ad aiutarti?
R: Non si tratta di
“aiuto”, direi, piuttosto, di rispetto. Per mia fortuna, le persone a me più
vicine mi hanno sempre rispettata. Capivano i miei tempi lenti. Capivano che i
miei tempi erano le mie ragioni. Hanno capito, e mi hanno lasciato libera di
vivere, di uscire fuori quando l’ho scelto.
Giulia terzo, il prof. Magnanti c Martina Germani Riccardi in aula magna |
D: Perché hai scelto
proprio quel giorno per parlare?
R: Ciò che sei, a un
certo punto, viene fuori, non si trattiene.
D: Come è stata
l’esperienza di scrivere “Le cose possibili”? Ha lasciato un segno nella tua
vita?
R: Sì, certo, un
segno profondo. Mi è piaciuto moltissimo farlo, mi è servito moltissimo sia
scrivere quelle poesie, sia pubblicarle, nonostante il mio carattere, la mia
riservatezza. Perché poi pubblicarle ti porta a confrontarti. Ho presentato il
libro in varie città, e ogni volta avevo un pubblico diverso di fronte, e
quando ti confronti con l’esterno, con gli altri, inevitabilmente cresci.
D: A proposito delle
“Cose possibili”, trovo particolarmente bello quando scrivi che “Gli altri ti
entrano ed escono dal cappuccio senza riuscire a prenderti”. È un modo
per far capire che ti senti incompresa, oppure che è comunque difficile
rapportarsi con persone molto diverse da te?
R: In quel momento,
quando ho scritto quei versi, facevo molta fatica a raccontarmi e a rapportarmi
con gli altri; quando ho cominciato a capire chi ero, e quindi a provare una
certa paura, non sapevo come dirmi.
D: Se dovessi
definire con una parola la poesia, quale parola sceglieresti? E perché?
R: La poesia è come
una scultura, qualcosa che si scolpisce: la narrativa è molto diversa perché
‘inventa’, se avete letto Calvino, “Il barone rampante” ad esempio, vi
accorgete che lo scrittore crea mondi. Nella poesia non si creano mondi, ma si
scolpisce, si tolgono tante cose. Ecco, se lo devo dire con una sola parola,
dico ‘scavo’.
D: Hai intenzioni di
scrivere un altro libro?
R: Posso dire che sto
scrivendo delle cose, naturalmente diverse, che hanno una forma diversa
rispetto alle mie prime quarantasei poesie. Ma sono impegnata anche a vivere,
ad affrontare quelle che adesso sono le mie cose possibili, la mia vita.
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