Salvezza
Di Sara Pittiglio
Dentro l’oscurità,
eludendo le ombre in perdizione,
anche un posto ben illuminato
può nascondere il pericolo.
Dove i perduti sono gli eroi,
noi cadiamo sotto terra,
ciechi, in una tana di coniglio,
e vediamo il proiettile che si libera
mentre il seme comincia a salire.
L’oscurità di cui parla Sara Pittiglio non è ovviamente ‘ottica’, ma è psicologica, etica, astratta, al punto di essere contenuta in “un posto ben illuminato”, nel quale si fuggono i propri ‘fantasmi’. Ma al contempo, sono i nostri stessi occhi che le consentono, all’oscurità beninteso, di profilarsi come un pericolo: è il cavallo che noi stessi lasciamo entrare dentro le mura di Troia.
Nell’oscurità non sappiamo più distinguere il bene dal male, i perduti dagli eroi, il fondo dalla superficie; in questo caso la paura (la tana del coniglio) si aggiunge all’oscurità in un binomio sempre simbiotico.
Il proiettile che si libera è un’altra forma di autolesionismo, che nemmeno la nostra crescita interiore riesce a dominare; né ci riesce tutto ciò che in qualche modo abbiamo seminato.
A questo punto il titolo sembra una contraddizione, ma è soltanto un grido che gioca a fare l’ossimoro con il resto della poesia.
Cha Sara Pittiglio non abbia messo intenzionalmente tutto ciò in questa poesia, è un’ipotesi plausibile, ma del resto poco importante: il fatto che tutto ciò comunque ci sia è un merito suo.
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