Di Melissa Capitaneo
Classe IV sez.A Grafica e Comunicazione
Sono passati trent’anni da quando, a Palermo, in via D’Amelio, è accaduta una delle stragi di mafia più terribili della nostra nazione, l’esplosione che ha ucciso, il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta tra cui la giovane poliziotta Emanuela Loi.
Emanuela Loi, una ragazza gioiosa e socievole, diplomata maestra che decise di tentare il concorso in polizia per far compagnia alla sorella Claudia, di due anni più grande che aveva la stessa passione. Fu lei e non Claudia a superare il concorso e a diventare poliziotta, combattendo contro tanti pregiudizi, c’era chi pensava che non fosse adatta a quel lavoro, ritenuto troppo pesante fisicamente e psicologicamente per una donna. Lei non si fece però demotivare dalle critiche, si preparò con entusiasmo, partendo dalla sua amata Sardegna per andare prima a Trieste e poi in altri luoghi fino a destinazione Palermo, dove fu assegnata al pool antimafia. Appena venne a conoscenza di dover partire per Palermo si confidò con la sorella. I famigliari erano preoccupati per lei ma, Emanuela volle rassicurarli.
In quel periodo, il 1992 il giudice Paolo Borsellino era consapevole di essere in pericolo, soprattutto dopo l’omicidio del suo amico e collega Giovanni Falcone , nonostante ciò, non aveva smesso di continuare con impegno il suo lavoro, con la consapevolezza di veder gravare la minaccia non solo su di lui, ma anche sulle persone a lui più vicine.
il 19 luglio del 1992, Emanuela Loi, la poliziotta “angelo” della scorta venne uccisa insieme al giudice e ad altri quattro agenti suoi colleghi, è stata la prima donna poliziotto a morire per una strage si mafia. Emanuela ha agito in nome della giustizia e per questo ha sacrificato la sua vita, avrebbe potuto non essere lì, poteva essere lontana da quel pericolo e così è stato. A soli ventiquattro anni, decise di voler proteggere il giudice in cui riponeva grande ammirazione. Borsellino disse: “E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei” questa frase può sembrare maschilista ma in realtà voleva semplicemente intendere che l’avrebbe protetta.
suo coraggio nel non fuggire dimostra che ne era completamente all’altezza del suo ruolo.
Per Emanuela e per tutte le vittime delle mafie ci sentiamo di dire, quello che dissero i ragazzi di Palermo dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio: “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”.
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