di
Chiara Taurelli, Giada Romagnoli, e Alessandro Grillo
(Laboratorio di Poesia)
Il giorno 25 gennaio 2024 si è svolto nell’aula magna dell’Istituto il primo incontro della rassegna “4 incontri tra oralità e scrittura ~ esempi di giovane poesia contemporanea”.
Riportiamo l’intervista che alla fine dell’incontro la poetessa Germana Noemi Altese ci ha rilasciato.
C’è stato un evento particolare per il quale hai iniziato a scrivere, oppure c’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha ispirato?
Devo dire che in famiglia sono sempre stata molto stimolata alla lettura, all’approfondimento, alla critica e al dibattito. Quindi sicuramente ho avuto in famiglia dei forti stimoli in questo senso. Però, la scrittura credo sia nata con me: c’è questa passione, poi, piano piano nel tempo ha preso forma, fino ad arrivare a pubblicare anche quello che avevo scritto nel tempo. Però è una passione che ho sin da piccola.
Cosa la ispira principalmente a scrivere queste poesie?
La fonte di ispirazione è sempre la vita, in tutte le sue forme, in tutte le sue esperienze. Queste poesie in particolare, che ho pubblicato nella silloge “Crisalidi e cristallizzazioni”, sono poesie d’amore. Quindi l’amore è il filo conduttore, ma in generale tutta l’esperienza di vita, in primis l’esperienza autobiografica. Ma non solo, perché poi è tanto importante anche il confronto con l’altro, guardarsi intorno e attingere anche dalle vite degli altri, per trarne ispirazione.
Da piccola avresti mai pensato che saresti diventata una poetessa?
Ho sempre avuto un’indole artistica, creativa, quindi immaginavo di poter continuare, ma non esattamente ed espressamente nel campo della poesia. Però ho sempre avuto questa indole, questo stimolo a creare e a cimentarmi in forme artistiche: anche con la musica e il canto. Per cui immaginavo che sarebbe stata comunque una costante. Non esattamente, e non soltanto la poesia. In generale proprio la passione per l’arte, la creatività, pensavo sarebbero state una costante del mio percorso di vita.
Alle volte, quando leggi le poesie, ora o magari in passato, ti sei sentita a disagio nell’esporle?
Sì, questa cosa un po’ si impara con il tempo, a riascoltarsi e a rileggersi. Ma fa sempre un certo effetto. È come se le stesse leggendo qualcun altro: cioè nel momento in cui tu scrivi qualcosa, è come se non fosse già più tua. La doni agli altri, e nel punto in cui la leggi, a voce alta, è qualcosa che ti sembra quasi non appartenerti più. È un po’ come quando ci si riascolta, ci si rivede, anche nel rileggersi. Mette sempre un po’ di disagio questa cosa, però si impara anche a leggere. L’oralità è una componente fondamentale, che va di pari passo alla scrittura, quindi, bisogna fare anche questo esercizio di lettura e imparare piano piano anche a riascoltarsi, ad ascoltare le cose che si scrivono.
Prima di trovare il tuo stile di poesia, hai provato a scrivere in altri modi, o hai avuto sempre questo stile?
Lo stile si evolve, certo. Come anche viene fuori da questa silloge che ho pubblicato e che è composta da due parti: poesie più recenti, ma anche la riedizione, la ripubblicazione, di una silloge precedente. E mettendo insieme queste due sillogi in un’unica pubblicazione, già si evince che c’è un percorso evolutivo, che passa anche da un’evoluzione dello stile e della forma, del modo in cui si scrive.
Abbiamo una domanda correlata a quella di prima, sul fatto di leggere poesie. Diciamo che, come lei sa, quando la poesia è letta dal poeta, nella lettura c’è l’intenzione che è stata pensata per quella poesia, mentre se la legge qualcun altro, magari questo aspetto scompare, e la poesia non viene letta allo stesso modo. Credi comunque che nonostante questo fatto una poesia possa collegare le persone che magari si trovano in situazioni simili, ma in modi diversi?
Cioè, che la poesia possa diventare, intendi, un linguaggio universale? Collettivo? Se sono io che ho scritto, e come ho sentito io, le emozioni che ho provato non sono esattamente quelle che arrivano a un’altra persona. Un’altra persona in quella poesia ci legge delle cose sue. Afferma la propria interpretazione, però è interessante tutto questo: che la poesia possa diventare un linguaggio collettivo, universale, anche se ognuno di noi ha la propria interpretazione, ha la propria esperienza personale.
Come hai vissuto questo processo di metamorfosi a cui hai accennato più volte?
È un percorso faticoso, però fa parte del percorso esistenziale, la crescita; è una continua evoluzione. La metamorfosi è faticosa perché comporta una sorta di morte e di rinascita, però rinascere significa anche rinascere dalle proprie consapevolezze, ricentrarsi. Quindi fare di questo percorso un’evoluzione.
Oltre a De André, che hai citato durante l’incontro, ci sono altri artisti che ti hanno ispirata oppure ti hanno cambiata nel corso della tua vita?
Come dicevamo prima (nell’incontro), ispirarsi ai grandi riferimenti culturali, ai grandi poeti, anche cantautori, è un aspetto importante. Nella mia esperienza c’è anche questa componente musicale, però poi bisogna anche trovare il proprio stile, la propria identità espressiva. Sicuramente altri cantautori che io ritengo d’ispirazione, come Ivano Fossati, poi poeti e pittori... I poeti che abbiamo citato prima sono anche i riferimenti della poesia amorosa, come Pablo Neruda, Alda Merini, e Pedro Salinas, che è un altro poeta che amo molto, Sylvia Plath, Sibilla Aleramo... i riferimenti sarebbero tanti. Lo sforzo maggiore è lasciare andare, l’esempio dei grandi maestri è creare una propria identità, un proprio stile.
Credi che amicizia e amore siano la stessa cosa?
L’amicizia è una profondissima forma d’amore. Diciamo che è una forma d’amore senza la passione, cioè svincolata dalla fisicità. Quindi forse è anche una forma d’amore più alta, più disinteressata.
Negli ultimi tempi o negli ultimi anni, secondo te, il ‘rapporto d’amore’ sta prendendo piede in modo giusto o sbagliato? O meglio, sta avendo un’evoluzione positiva o negativa?
Allora, se ci si basa sulla cronaca, a cui voi avete fatto riferimento nei vostri testi, chiaramente ci troviamo di fronte troppo spesso a casi di amore malato, disamore, però è difficile dire se l’amore si sia evoluto o meno: è un’esperienza comunque personale, soggettiva.
Per scrivere le tue poesie hai bisogno di un posto specifico, oppure in qualsiasi luogo riesci a dare sfogo alla tua creatività?
Non c’è un luogo fisico, non c’è un posto. È il momento che conta, è quando ti senti ispirata, e c’è qualcosa che colpisce la tua attenzione, o un pensiero che va fissato sulla carta, un’emozione che vuoi fermare e vuoi trasformare in poesia. Allora è quello, il momento. Non è il posto, è quello che senti dentro che ti ispira a scrivere.
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