Un vero flagello per la salute è la droga. Le sostanze stupefacenti danno apparentemente forza, energia, vivacità e invece avvelenano il fisico, alterano la psiche, ossia il cervello e le attività intellettuali, e rendono l'uomo più debole e soggetto a malattie. La stessa parola «stupefacente» dice che queste sostanze danno sensazione di stupefazione, di intontimento, contemplazione passiva, cioè di falsificazione, mutamento, anche temporaneo, della persona e della realtà che la circonda. Particolarmente grave è diventato negli ultimi anni il flagello della droga.
Alcuni esperti distinguono le droghe leggere, quali hascisc e marijuana, da quelle pesanti, quali cocaina ed eroina, ma tutte le droghe falsificano la personalità e sono nocive. Molti sostengono che anche droghe cosiddette «leggere» sono pericolose perché invitano a passare a quelle pesanti: certo è che se si comincia a soddisfare la propria curiosità con sostanze alienanti, presunte non dannose, è più probabile che la volontà indebolita si sposti su nuove richieste più pericolose. Le droghe pesanti uccidono non solo perché hanno già in sé poteri distruttivi per l'individuo, ma anche perché chi le vende le «taglia», cioè le mescola a sostanze meno costose che hanno lo scopo di aumentarne il peso senza mostrare l'inganno: cemento, talco, stricnina e arsenico. Lo spacciatore di droga è un assassino che premedita il suo delitto, quasi sempre contro la gioventù più debole, senza volontà, afflitta da problemi familiari e personali. Il drogato comincia con l'essere una povera vittima degli spacciatori. Per questo ha diritto alla comprensione, alla cura fisica e psicologica: spesso è solo una persona che ha bisogno di amore. Le statistiche ricordano che il 51 per cento degli intossicati appartiene a famiglie in crisi: genitori separati, abitazione insufficiente, genitori violenti, ecc. Ma spesso il drogato, per procurarsi la costosa sostanza stupefacente, si trasforma egli stesso in spacciatore o in violento. Per questo la migliore cura è la prevenzione. Particolarmente importante può essere in questo senso l'attenzione della scuola e della famiglia ai problemi dell'età evolutiva.
In ogni caso, dalla droga ci si può affrancare. È ormai estesissima, per quanto insufficiente, la rete di persone, enti, comunità, pronte a dare una mano a chi vuole risolvere il proprio problema, che resta un problema umano e non chimico.
La droga non è una causa, ma piuttosto un effetto, un rifugio, una fuga, qualche cosa in cui si cerca ciò che non si ha o non si trova. E il drogato, pur essendo una vittima, di se stesso, degli altri, di una situazione, non è un "malato". Considerandolo tale, si rischia di passarlo da una categoria di emarginazione (la droga) a un'altra (la malattia) con conseguenze forse peggiori. C'è, infatti, il pericolo di semplificare o, meglio, di semplicizzare, il problema droga: un malato basta curarlo e il problema è risolto; un drogato basta disintossicarlo e il problema non c'è più.
Invece non è così. Per
disintossicare un drogato possono bastare pochi giorni. Dopodiché, se non
saranno eliminate le cause, che sono in lui, negli altri, nell'ambiente, nella
società, il "drogato-malato" tornerà a drogarsi come prima. Se, infatti, la
droga è la fuga dei deboli da situazioni di insoddisfazione, di vuoto, di paura,
di mancanza di fede e di ideali, di delusione, non basta eliminare il rifugio
(la droga), magari con una efficace azione contro i criminali spacciatori:
bisogna eliminare contemporaneamente i motivi che inducono alla fuga e
ricostruire nell'individuo una personalità più forte e cosciente. Ecco perché la
lotta contro la droga, definita così, è un concetto insufficiente. Bisogna
parlare di azione politica contro ciò che porta alla droga.
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