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venerdì 23 febbraio 2018

Martina Germani Riccardi ...la poesia



Martina Germani Riccardi

Nella mattinata di martedì 6 febbraio, presso l’Aula Magna dell’Istituto, abbiamo incontrato la poetessa Martina Germani Riccardi, in occasione della rassegna di ‘giovane’ poesia promossa dalla scuola, intitolata “4 Incontri tra oralità e scrittura: esempi di giovane poesia contemporanea”. Martina ha aperto la rassegna, ormai alla V edizione.

Martina Germani Riccardi ha studiato Antropologia ed Editoria e Scrittura all’Università di Roma “La Sapienza”, e scritto due tesi sperimentali: una sul sistema di accoglienza e integrazione di migranti di Riace (RC), e una sulla discriminazione di gay e lesbiche in Italia. Sempre in ambito anti-omofobico ha realizzato, insieme al fotografo Tommaso Proietti, il video “Amocomesono”. Nel 2016 ha pubblicato la sua opera prima di poesia, “Le cose possibili”, presentata nelle principali città italiane.
Martina Germani Riccardi e Maria Beatrice Seta

INTERVISTA A MARTINA GERMANI RICCARDI
di   Maria Beatrice Seta e Giulia Terzo.

D: Come è nata la tua passione per la poesia?

R: In modo del tutto spontaneo, ma lentamente. Prima di iniziare a scrivere, non leggevo molta poesia, lo facevo in modo disordinato. Quando poi ho cominciato ad avere coscienza di ciò che stavo scrivendo, la lettura degli altri mi è servita per immaginare delle cose che nella mia quotidianità non riuscivo a immaginare, e tantomeno a fare.

D: Leggendo alcune delle tue bellissime poesie, ho notato una sorta di scavo nell’animo: si tratta di un viaggio interiore, oppure di una ‘psicanalisi’ che tenta di spiegare cose incomprensibili?

R: La raccolta è sicuramente un viaggio interiore. Credo che la mia scrittura sia anche una sorta di terapia, credo abbia un potere curativo. La poesia mi è servita per capirmi, conoscermi, per affermare il mio modo di essere.

D: A che cosa si è ispirata la tua poesia?

R: In realtà, non chiamavo poesia quello che scrivevo, scrivevo e basta. Avevo un’urgenza di scrivere e di affermare delle cose che magari le persone meno timide, o che vivono più serene, fanno normalmente in altri modi: io quelle cose non le facevo, ma avevo bisogno di scriverle.

D: Spesso nella poesia di tanti autori si fa riferimento al concetto dell’impossibile: perché invece tu, come si evince dal titolo della tua raccolta, hai scelto di trattare il “possibile”?

R: Per un lungo periodo della mia vita ho costruito un muro attorno a me, e questo mi ha portata a privarmi di numerose possibilità: possibilità emotive, possibilità di vita. A un certo punto ho deciso di andare oltre quel muro, ho deciso di fare un primo passo. E ho fatto quel passo, per la prima volta nella mia vita, nel solo modo in cui andava fatto, cioè parlando del “possibile”, delle “cose possibili”, appunto.

D: Sappiamo che l’adolescenza è un periodo molto complicato della vita, perché si cerca di capire se stessi, e si cerca di capire che cosa fare della propria esistenza, del proprio futuro. Sotto questo aspetto, ci sono molti ragazzi e molte ragazze che non riescono a definirsi. Hai mai pensato, grazie alla tua esperienza, di poter aiutare qualche ragazzo ‘debole’, in cerca di una identità, e che non riesce ad esprimersi, magari aiutandolo con un ‘corso’?
MGR: Non ci ho mai pensato. Ma mi fa piacere, ad esempio in occasioni come questa, poter dire, poter comunicare la mia esperienza. È quello che posso fare, senza essere falsamente risolutiva. Non esiste che qualcuno ti dica “Fai cosi!”. Bisogna al massimo incoraggiare a provare sentimenti, a tentare delle strade, e soprattutto a non reprimersi. Lo dico non solo in riferimento all’omosessualità, come nel mio caso, ma a qualsiasi caratteristica, propensione, slancio umano che gli altri potrebbero mettere in discussione. Ecco, incoraggiare a essere se stessi… questo lo faccio ogni volta che ne ho possibilità, e magari in futuro potrei farlo in maniera più assidua e sistematica.

D: Quindi, a quanto pare, non fai parte di quelle persone convinte che imporre delle regole sia il modo migliore per poter aiutare un’altra persona…

R: Come ti dicevo prima, il “Fai così" o “Non fare così”, per me non esistono. Esiste “Senti”, “Ascoltati”. Più di questo non ti saprei dire.

D: Come dicevi, a un certo punto hai dovuto metterti ‘a nudo’, rivelare anche la tua parte più intima, quella legata ai sentimenti, e al tuo orientamento sessuale: i tuoi genitori ti hanno sostenuto?

R: A loro modo. Mio padre in silenzio, mia madre preoccupandosi.

D: Oltre ai tuoi genitori, ci sono state altre persone che hanno provato ad aiutarti?

R: Non si tratta di “aiuto”, direi, piuttosto, di rispetto. Per mia fortuna, le persone a me più vicine mi hanno sempre rispettata. Capivano i miei tempi lenti. Capivano che i miei tempi erano le mie ragioni. Hanno capito, e mi hanno lasciato libera di vivere, di uscire fuori quando l’ho scelto.
Giulia terzo, il prof. Magnanti c Martina Germani Riccardi in aula magna

D: Perché hai scelto proprio quel giorno per parlare?

R: Ciò che sei, a un certo punto, viene fuori, non si trattiene.

D: Come è stata l’esperienza di scrivere “Le cose possibili”? Ha lasciato un segno nella tua vita?

R: Sì, certo, un segno profondo. Mi è piaciuto moltissimo farlo, mi è servito moltissimo sia scrivere quelle poesie, sia pubblicarle, nonostante il mio carattere, la mia riservatezza. Perché poi pubblicarle ti porta a confrontarti. Ho presentato il libro in varie città, e ogni volta avevo un pubblico diverso di fronte, e quando ti confronti con l’esterno, con gli altri, inevitabilmente cresci.

D: A proposito delle “Cose possibili”, trovo particolarmente bello quando scrivi che “Gli altri ti entrano ed escono dal cappuccio senza riuscire a prenderti”. È un modo per far capire che ti senti incompresa, oppure che è comunque difficile rapportarsi con persone molto diverse da te?

R: In quel momento, quando ho scritto quei versi, facevo molta fatica a raccontarmi e a rapportarmi con gli altri; quando ho cominciato a capire chi ero, e quindi a provare una certa paura, non sapevo come dirmi.

D: Se dovessi definire con una parola la poesia, quale parola sceglieresti? E perché?

R: La poesia è come una scultura, qualcosa che si scolpisce: la narrativa è molto diversa perché ‘inventa’, se avete letto Calvino, “Il barone rampante” ad esempio, vi accorgete che lo scrittore crea mondi. Nella poesia non si creano mondi, ma si scolpisce, si tolgono tante cose. Ecco, se lo devo dire con una sola parola, dico ‘scavo’.

D: Hai intenzioni di scrivere un altro libro?

R: Posso dire che sto scrivendo delle cose, naturalmente diverse, che hanno una forma diversa rispetto alle mie prime quarantasei poesie. Ma sono impegnata anche a vivere, ad affrontare quelle che adesso sono le mie cose possibili, la mia vita. 

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