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lunedì 12 aprile 2021

Pari opportunità


In Arabia Saudita alcune leggi, che riguardano la donna, vanno di pari

passo con la religione islamica. Essendo un paese arabo in cui tutti i

cittadini sono musulmani, la legge, per alcune cose, segue il sacro libro

dell’islam, il Corano. La donna nel Corano non è sottomessa e neanche

arrendevole, anzi al contrario, la donna deve essere loggiata, apprezzata e

ringraziata. Purtroppo, il problema, il quale influisce nei pensieri di altre

persone riguardo l’islam, è la mentalità. In tempi passati la donna doveva

stare a casa, pulire, crescere i figli, obbedire e basta.

Oggi, in Arabia Saudita, la donna deve essere sottoposta alla tutela di una

figura maschile, che possa essere il padre, il fratello, il marito o il figlio

(nessun al di fuori di essi, perché potrebbero rovinare la sua reputazione e

quella della famiglia). La donna deve ubbidire a ciò che gli viene chiesto da

colui che la tutela, che possa essere riferito ai suoi abbigliamenti, lavoro,

futuro, ecc.…

La situazione, però si evoluta: nel 2013 trenta donne siedono al Consiglio

consultivo nominato dal re, il decreto reale aveva allora parlato di «pieni

diritti di partecipazione» ai dibattiti, al pari dei colleghi maschi; lo stesso, è

stato imposto alle donne il rispetto delle regole della sharia, compreso il

velo, e l’obbligo di sedersi in posti riservati, ai quali possono accedere solo

da un’entrata speciale. Il 24 giugno del 2018 le donne possono guidare: era

rimasto l’ultimo paese a vietare alle donne di guidare, e con la nuova

normativa con molte donne hanno già ottenuto la patente. L’evento ha

avuto grandissima eco nel paese tanto che molte donne si sono messe al

volante per affrontare la strada a mezzanotte e un minuto, a sottolineare

quanto fosse grande l’attesa, e quanto sia grande l’entusiasmo per la

novità.

“Sono sempre i paesi arabi/ musulmani che limitano la libertà delle donne”,

affermano molte persone, ma non è così. Oggi la Francia, un paese

europeo, vieta alle donne la libertà di espressione e di religione, vietando il

hijab (velo islamico) alle donne inferiori ai 18 anni e nei luoghi pubblici.  La

legge è stata accompagnata da un messaggio politico: il governo francese

 

ha definito il velo integrale una “nuova forma di schiavitù che la

Repubblica non può accettare sul suo suolo”.

Secondo me, tutti siamo liberi ed uguali, indipendentemente dal sesso,

religione e origine. Sono contraria al niqab, il velo integrale nel quale sono

visibili solo gli occhi, perché quando vedo e parlo con una persona devo

riconoscerla, ma sono pro al hijab ed è obbligatorio nell’islam. Coprire il

corpo e i capelli davanti a persone sconosciute ed evitare gli sguardi

fastidiosi di persone ignoranti è lo scopo dell’hijab.

Oggi molte ragazze italiane musulmane con origini arabe che indossano

l’hijab, sui social media combattono ogni giorno contro coloro che le

insultano e le sminuiscono.

Le donne sono tutti uguali e tutti dobbiamo avere gli stessi diritti, e doveri.


Amina

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